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Demenza e problemi di udito

Informazioni utili sulla relazione tra udito e problemi cognitivi

Data: 07/09/2021
Demenza e problemi di udito

Il problema di salute che più preoccupa i nostri pazienti più anziani, non è la perdita uditiva. Nella coscienza delle persone avanti con gli anni si prefigura la preoccupante possibilità di incorrere in problemi cognitivi, quali la demenza e l’Alzheimer.  Scopriamo in questo articolo la relazione fra demenza e udito.

 

Quali sono i dati attuali sulla diffusione dei disagi cognitivi?

Dato il costante allungarsi della vita media, la classe dei medici audiologi e dei tecnici audioprotesisti si troverà a dover affrontare rapporti di assistenza con persone di età molto avanzata, tra cui coloro che soffrono di demenza.

Da circa due anni la ricerca scientifica sulle malattie geriatriche (tra cui l’Alzheimer e le altre forme di demenza) si è intensificata; l’organizzazione Alzheimer’s Diseas International prevede che il numero di persone con disturbi cognitivi raddoppierà ogni venti anni. Se tale previsione dovesse confermarsi, la popolazione mondiale di malati di Alzheimer, nel 2030, sarà di 66 milioni e di 115 milioni entro il 2050 (Alzheimer’s Diseas International, 2009).

Con l’avanzare degli anni nel nostro cervello avvengono dei cambiamenti cognitivi che per lo più riguardano la memoria a breve termine (memoria lavoro) e la nostra capacità di manipolare le informazioni come, ad esempio, pianificare il futuro, risolvere i problemi, organizzare e gestire ciò che ascoltiamo, prestare attenzione e elaborare in maniera veloce ciò che percepiamo attraverso i nostri sensi.

Il normale processo di invecchiamento non ha nulla a che vedere con le anomalie causate dalla demenza: è del tutto normale, a una certa età, accorgersi di non ricordare i nomi delle persone o di fare fatica a trovare le parole giuste da dire poiché il nostro cervello impiega un po’ più tempo a elaborare le informazioni.

I danni portati dalla demenza, invece, sono ben altri. I pazienti non riusciranno a ricordare nemmeno ciò che è successo poco prima, non saranno consapevoli dei propri problemi cognitivi, avranno grandi difficoltà a risolvere i problemi e vivranno un senso di confusione che coinvolgerà anche le persone e gli ambienti familiari.

Molto spesso la degenerazione colpisce anche la personalità e l’umore dei pazienti stessi.

Tra i vari tipi di demenza, quello più comune e più spaventoso nell’immaginario collettivo è il Morbo di Alzheimer.

 

Chi rischia di ammalarsi di Alzheimer?

Le cause scatenanti della malattia di Alzheimer non sono ancora chiare. Sebbene si sospetti che alcune mutazioni genetiche possano essere alla base del sopraggiungere della malattia, la ricerca ha ancora molto da scoprire.

L’età avanzata è sicuramente un fattore di rischio ma lo sono anche le malattie cardiovascolari, la vita sociale, l’alimentazione o eventuali traumi cranici subiti.

Dagli specialisti del settore audiologico e audiprotesico è stato notato un particolare aspetto di questa patologia: una persona anziana ed ipoacusica, che non interviene in alcun modo nel trattare la propria debolezza uditiva, ha un numero di possibilità di ammalarsi di questo male neurodegenerativo notevolmente superiore rispetto a chi prende provvedimenti. 

Gli ultimi studi scientifici suggeriscono un forte legame tra la depressione, la solitudine e la demenza. E’ risaputo che gli anziani, rifiutando l’uso degli apparecchi acustici, incappano facilmente in simili problematiche poiché l’ipoacusia li induce a rinunciare alla vita sociale e alle loro attività preferite condannandoli alla depressione e alla solitudine.

I risultati della ricerca condotta da Wilson & Coll. (2007) ha dimostrato praticamente la correlazione tra solitudine e demenza: i ricercatori hanno osservato un totale di 823 persone anziane non afflitte da demenza per un periodo di sei anni.

Gli aspetti valutati nei soggetti sono stati il grado di socialità e le loro capacità cognitive. Alla fine dei sei anni, la relazione tra solitudine e demenza è balzata all’occhio: il rischio di ammalarsi di Alzheimer è risultato essere doppio per quei soggetti che conducevano una vita appartata ed isolata, rispetto agli individui socialmente più attivi.

Uno studio simile fu condotto nel 2010 da Saczynski & Coll. e i risultati furono pressoché identici: chi resta isolato e lontano dalle sue attività, presto o tardi finirà per deprimersi e chi è depresso raddoppia le proprie possibilità di ammalarsi di Alzheimer.

Non è ben chiaro, a questo punto, se la depressione sia una delle cause della demenza o se sia uno dei primi sintomi della stessa ma, considerando che le persone ipoacusiche soffrono spesso di solitudine e depressione (soprattutto quando decidono di non ricorrere alla protesizzazione acustica) la ricerca ha dimostrato quanto sia importante aiutare le persone anziane a risolvere il proprio problema uditivo.

Wilson(2011) sostiene perfino che gli stimoli mentali, come quelli uditivi, e una vita attiva siano due fattori fondamentali per mantenere in buona salute le proprie capacità cognitive e che per mantenere la propria mente in esercizio sia fondamentale trarre il maggior beneficio possibile dalla tecnologia oggi esistente.

Nel 2010, una ricerca portata avanti da Lupton et al. sostenne che il periodo di pensionamento è quello cruciale per l’insorgenza dell’Alzheimer: chi mantiene il cervello agli stessi livelli di attività che aveva nella vita lavorativa riesce a rinviare, o ad evitare del tutto, i problemi di demenza.

 

Cosa lega ipoacusia e Alzheimer?

Uhlmann e il suo team di colleghi, nel 1989, furono tra i primi a studiare il legame tra ipoacusia ed Alzheimer. I ricercatori misero a confronto 100 persone affetta dal morbo e un gruppo di altrettante persone senza alcun problema. I due raggruppamenti erano simili quanto a età, sesso e livello di istruzione. I risultati hanno dimostrato che nel gruppo di pazienti affetti da Alzheimer i casi di perdita uditiva erano molto più diffusi, rispetto ai coetanei dell’altro gruppo.

Attraverso il questionario clinico “Mini- Mental State Examination” è stato possibile dimostrare l’esistenza di una correlazione tra ipoacusia e una lunga serie di disfunzioni cognitive, anche in quelle persone non afflitte da una demenza conclamata.

In seguito alle ricerche di Uhlmann, numerosi altri scienziati hanno trovato interesse nell’approfondire ulteriormente tutto ciò che riguarda il legame tra deficit uditivo e demenza. George Gates, ad esempio, somministrò per anni ai suoi pazienti un test uditivo in cui si chiedeva ai soggetti di riconoscere delle frasi semplici ascoltate in cuffia o tramite casse altoparlanti. Le  ricerche dimostrarono che i danni relativi alla via uditiva potevano essere considerati precursori di disabilità cognitiva.

Gates e i suoi coautori scoprirono che un rendimento molto scarso nel test sopradescritto precede di qualche anno la diagnosi della malattia di Alzheimer (Gates; Feeney & Mills, 2008).

Addirittura si sostiene che il test di riconoscimento delle frasi semplici, effettuato, quindi, stimolando la via uditiva, sia un metodo valido per diagnosticare la demenza in modo precoce: i disturbi dell’elaborazione uditiva a carico dell’apparato centrale sono quasi sicuramente precursori dell’insorgenza di Alzheimer. 

Un lieve grado di ipoacusia, infatti, può già mettere a repentaglio la funzionalità della via uditiva centrale e causare notevole indebolimento delle connessioni inter-neurali del cervello. (Gates et al., 2011).

Ultimamente si sta prendendo in considerazione l’idea di condurre, a livello di routine clinica, dei test specifici per valutare il buon funzionamento dell’apparato uditivo delle persone anziane in modo da poter intervenire tempestivamente sulla perdita acustica e prevenire il più possibile i relativi problemi di natura cognitiva.

la soluzione

Come avvicinarsi a persone ipoacusiche affette da demenza?

Così come le persone ipoacusiche corrono il rischio di vedersi compromettere le proprie facoltà mentali a causa della deprivazione acustica, anche i soggetti con disabilità cognitive sperimentano un calo molto più rapido dell’udito.

Sebbene molti ricercatori sostengono che aiutare i pazienti affetti da ipoacusia e demenza, fornendo loro le moderne tecnologie protesiche, sia una scelta ricca di benefici, non possiamo non considerare tutte le sfide e le barriere che dovremo superare per portare a termine questo percorso.

Molti pazienti affetti da Alzheimer o da altri tipi di demenza, possono trarre vantaggi significativi dagli apparecchi acustici ma per l’audioprotesista potrebbe diventare molto difficile portare a buon fine le misurazioni e i protocolli di regolazione e riabilitazione che si usano solitamente per i pazienti adulti.

Ecco, dunque, una serie di consigli su come tecnici e familiari potrebbero interagire al meglio con i pazienti in questione:

  • I familiari e il personale, specializzato o non, che di solito assistono il soggetto sono fondamentali nel processo di valutazione e in quello terapeutico. Sono loro le persone più in grado di mettere a suo agio il paziente e di fornire preziose informazioni al tecnico audioprotesista;

  • Un paziente affetto da Alzheimer potrebbe non voler collaborare all’esecuzione dei test uditivi, in questo caso è necessario trovare altre strategie per valutare le sue reali capacità uditive;

  • Se il paziente vive in una casa di cura oppure è impossibilitato a lasciare la propria abitazione è necessario che i familiari e il personale tecnico si rendano disponibili a pianificare più visite presso il luogo di residenza dell’infermo, in modo da poterlo assistere adeguatamente;

  • Un paziente con disturbi cognitivi ha bisogno di più tempo per comprendere quello che gli viene detto e per elaborare delle risposte. E’ fondamentale parlargli con calma e gentilezza, utilizzando frasi semplici e parole chiare, lasciando che si prenda tutto il tempo necessario per rispondere;

  • Se il familiare mostra segni di confusione, lasciargli il tempo di tranquillizzarsi e usare gesti semplici affinché possa capire;

  • E’ perfettamente normale che una persona che soffre di problemi cognitivi possa sentirsi angosciato o irritato senza motivi apparenti, così come potrebbe ripetere frequentemente le stesse domande. La professionalità dell’audioprotesista e la vicinanza delle persone care sono necessarie affinché il paziente possa sentirsi nuovamente a suo agio;

  • Dimostrarsi sempre tranquilli e sorridenti;

  • Eliminare il più possibile i rumori di sottofondo;

  • E’ bene che le persone che assistono il paziente si lascino istruire sulle modalità d’uso degli apparecchi acustici, sulla manutenzione degli stessi e su tutte le strategie che permettano un ascolto confortevole al parente assistito. Le visite di controllo sono necessarie per la verifica del buon utilizzo degli apparecchi acustici. 

 

Le ultime dimostrazioni relative ad Alzheimer e perdita di udito

Come già evidenziato dagli studi scientifici, le persone affette da ipoacusia rischiano di incorrere in patologie quali demenza e Alzheimer, poiché il legame tra udito e facoltà mentali appare sempre più evidente.

Ne consegue che le persone con problemi uditivi e di demenza possono trarre beneficio dall’utilizzo di apparecchi acustici e dagli altri dispositivi di ascolto attualmente disponibili.

Il personale di Audire oltre a esperienza e formazione, qualità secondo noi indispensabili in un tecnico audioprotesista, offre pazienza, spirito di cura e attenzione al paziente: solo così possiamo aiutare sia i pazienti afflitti da deficit cognitivi e acustici che i loro familiari.

L’applicazione di un apparecchio acustico, accompagnata una taratura precisa e attenta, può migliorare notevolmente la qualità della vita di un parente colpito da demenza e delle persone che gli stanno vicino.

Riguardo alle persone più anziane è bene che sia noi personale tecnico che le persone care ci si prenda il compito di informarle correttamente sul nesso che lega ipoacusia e disturbi cognitivi. E’ giusto divulgare tutte le informazioni che si conoscono circa gli effetti dell’ipoacusia, che spesso portano alla depressione, all’isolamento e quindi alla compromissione delle facoltà mentali.

Per quanto il cammino della ricerca sia ancora lungo, riteniamo necessario informare i consumatori circa i rischi dell’ipoacusia trascurata che nella maggior parte dei casi conduce, all’isolamento, alla depressione e, quindi, alla degenerazione delle capacità cognitive.

Investire subito nella prevenzione dell’ipoacusia significa garantirsi un futuro sereno, evitando di intraprendere percorsi degenerativi da cui, una volta imboccati, è impossibile tornare indietro.

Iniziare un percorso riabilitativo protesico in maniera tempestiva significa garantirsi una vita più lunga e di qualità molto superiore, sia per noi stessi che per i nostri cari.

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