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Personaggi famosi e sordità

Ciò che non sapevi delle celebrità con ipoacusia

Data: 07/06/2021
Personaggi famosi e sordità

La nostra società ha un’idea imprecisa e vagamente spaventosa di tutto ciò che riguarda l’ipoacusia. Nell’immaginario collettivo il “sordo” è una persona vecchia e emarginata, spesso considerata un po’ tonta.

Non capita raramente di ironizzare su questo argomento dando un’immagine dispregiativa di chi è affetto da ipoacusia, denigrandone in maniera del tutto errata anche le  facoltà mentali.

Quanto c’è di corretto in questa concezione? Fino a che punto conosciamo il fenomeno dei deficit uditivi e le sue ripercussioni nella vita quotidiana? 

La storia, ancora una volta, ci è maestra di vita. Invece di cadere nello stereotipo e nelle facili generalizzazioni potremmo voltarci indietro e imparare qualcosa dalle incredibili personalità del passato che fecero della lotta a questo terribile ostacolo un punto di partenza su cui realizzare ciò per cui ancora oggi godono di ammirazione intramontabile.

 

Teresa di Cartagena e l’orecchio dell’intelligenza

A Burgos, nel 1425 circa, nacque da una ricca famiglia Ebrea convertita una delle personalità più sofferte e controverse della letteratura iberica. Il suo nome è Teresa di Cartagena, il suo dramma è essere donna. La sua spensierata giovinezza tra gli agi della sua famiglia viene interrotta prestissimo da una malattia che la costringe in breve tempo alla sordità. L’infermità le causerà grande sofferenza ma sarà anche l’elemento fondamentale su cui l’autrice baserà le sue riflessioni e le sue lotte per la rivalutazione dello stato sociale delle donne.

Secondo quanto Teresa stessa dice, l’aver perso l’udito avrebbe causato il doloroso distacco dagli uomini e un triste isolamento a cui sarebbe seguito, però, il risveglio de “l’orecchio dell’intelligenza”: elemento imprescindibile per esplorare l’universo dell’interiorità e della trascendenza che la scrittrice si preparava ad affrontare.

La filosofia e l’impegno sociale di Teresa di Cartagena sono riscontrabili nei suoi trattati scritti dopo il 1450: “Arboleda de Los Enfermos” e “Admiraçiòn Operum Dei”in cui narra della terribile sofferenza infertale dal suo male e denuncia l’ingiustizia causata alle donne del suo tempo dalla sordità ben peggiore dimostrata dalla società maschilista dell’epoca. Gli scritti di Teresa, però, non sono affatto denunce rassegnate e lamentose ma esortazioni al superamento del dolore fisico e morale attraverso la fede, la riflessione e lo studio.

La sua attività letteraria venne giudicata sovversiva dai contemporanei e diverse accuse le vennero mosse, tra cui quella di plagio. Le critiche più aspre, tuttavia, le furono rivolte non tanto in merito ai contenuti delle opere ma al fatto di essere donna e inferma. Questo trattamento colpì molto Teresa tanto che la spinse a scrivere nell’introduzione dell’“Admiraçiòn”un’amara considerazione: «Molte volte mi si è fatto sapere che alcuni uomini prudenti e alcune donne discrete si meravigliano o si sono meravigliati di un trattato che la mia mano, avendo la grazia divina guidato il mio debole intelletto femminile, ha scritto... è manifesto che tale meraviglia non si fa per merito dell’opera, ma per difetto dell’autrice».

 

La sordità di Beethoven

La più nota personalità storica affetta da ipoacusia è senza dubbio il genio musicale tedesco Ludwig Van Beethoven. Ciò che lascia sbalorditi è proprio il paradosso vissuto da quest’uomo divenuto sordo fin da giovane ma che fu in grado di lasciare ai posteri il grandissimo repertorio musicale che tutti conoscono.

Beethoven lottò moltissimo contro il suo male e lasciò numerosissime testimonianze in cui tante persone, ancora oggi, possono riconoscersi. La malattia del compositore iniziò poco prima dei suoi 28 anni prima in un orecchio, poi anche nell’altro. Al progressivo peggioramento si aggiunsero anche gli acufeni (ronzii che percepiva nelle orecchie senza cause esterne apparenti) i quali lo spinsero, a 39 anni, sull’orlo del suicidio: solo l’amore per la sua arte lo convinse a continuare a vivere. E’ molto struggente uno dei passi del testamento che Ludwig lasciò ai fratelli appena prima di tentare il suicidio:

 

“ O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un'apparenza [...] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento [...] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo [...] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l'infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore. »

 

La scienza medica non fu in grado di dare risposte definitive circa le cause di questa sordità, le ipotesi più accreditate sono l’origine neurosensoriale, cioè dovuta a patologie che danneggiano il nervo acustico, o l’otosclerosi: una calcificazione con irrigidimento dei tre ossicini che trasmettono il suono attraverso l’orecchio medio.
 

"In una lettera del 1801 all’amico Franz Gerhard Wegeler, Beethoven offre un’ottima descrizione clinica della sua sordità evidenziando i più classici sintomi sofferti da chi è affetto da ipoacusia: “[...] mi debbo mettere vicinissimo all’orchestra per comprendere ciò che l’attore dice e [...] i suoni acuti degli strumenti e delle voci, se sto un po’ lontano, non li sento affatto. [...] Inoltre, talvolta odo a mala pena chi parla piano. Odo i suoni ma non distinguo le parole; mentre, invece, se appena uno grida mi è addirittura impossibile sopportarlo”. 


 

Vincent Van Gogh e la malattia di Ménièr

Spesso accade che i grandi dotati di genialità artistica soffrano di disagi fisici o interiori che lasciano nei posteri, insieme all’ ammirazione, il ricordo di un artista maledetto: di una persona instabile e sregolata. Questa sorte è toccata anche al grandissimo artista di fine ‘800, Vincent Willem Van Gogh.

E’ convinzione comune che il pittore olandese fosse affetto da psicosi di vario genere le quali suscitavano in lui episodi di follia, violenza improvvisa, autolesionismo, allucinazioni e crisi epilettiche. Secondo gli studiosi del tempo, in particolare il Dr. Peyron della casa di cura di St. Remy presso cui Van Gogh si ricoverò volontariamente nel 1889, la diagnosi degli eccessi e delle follie dell’artista altra non era che una forte epilessia accompagnata da una qualche forma di demenza. 

E’ stata la rilettura approfondita delle 796 lettere che Vincent scrisse ai suoi cari tra il 1884 e il suicidio del 1890 a mettere in discussione un verdetto che per molto tempo era stato preso per valido: le cause delle crisi di Van Gogh sono imputabili a difetti della mente o piuttosto sono da ricercare nell’orecchio?

 

La sindrome di Menière

Nel 1861 il medico Prosper Menière scoprì l’esistenza di una sindrome ereditaria che colpisce l’orecchio interno facendo aumentare a dismisura i liquidi contenuti nella chiocciola e nel labirinto auricolare. Questa patologia provoca una serie di sintomi caratteristici quali sordità, intolleranza al rumore, fastidiosi fischi nell’orecchio, vertigini (con conseguente nausea), sensazione di pressione nell’orecchio e movimenti rapidi e involontari degli occhi. 

Van Gogh, nella sua corrispondenza, elenca una lunga serie di episodi di vertigini, in alcuni casi “minori” e in altri molto violente. Sostiene che gli attacchi possano durare da pochi minuti fino a qualche ora con brevi pause tra uno e l’altro e che possano passare mesi di quiete prima che il periodo di crisi si ripresenti. Questa situazione è molto frequente nei pazienti “Menierici”.

Accompagnati alle vertigini si verificano movimenti veloci e involontari degli occhi (i nistagmi) che causano nausea e disorientamento: questo sintomo potrebbe essere stato interpretato dai medici dell’artista come un’ allucinazione visiva. 

Nell’ultima lettera (Lettera 606, parte I) del Settembre 1889, scritta al fratello Theo, Van Gogh descrive perfettamente i sintomi negli intervalli privi di attacchi. Quelle che leggiamo sono sensazioni provate da ogni malato di Menière:
 

 “La mia salute e il mio stomaco stanno molto meglio durante gli intervalli tra gli attacchi di vertigine, credo che ci vorranno anni per affrontare la paura durante questi momenti di pausa. All’inizio mi sentivo sconfitto e non avevo alcuna voglia di lavorare o di incontrare amici, ora invece queste due cose mi sono emozionanti. La salute e l’appetito sono perfetti durante i momenti di quiete”


E’ molto probabile che tra le persone affette da Meniére si sviluppino problemi psicologici secondari come ansia e comportamenti bizzarri, la sofferenza protratta nel tempo può acutizzare queste situazioni. 

 

L’orecchio sinistro di Van Gogh

Molte sono le possibili ragioni  a cui si attribuisce l’automutilazione dell’orecchio sinistro da parte di Van Gogh. Le nuove ricerche inducono a pensare che fosse un tentativo per eliminare le allucinazioni uditive da cui era tormentato. Felix Rey, un medico dell’ospedale di Arles dove Van Gogh risiedeva in quel periodo, fu chiamato per medicare il pittore la sera del 23 dicembre 1888. Egli scrisse che Van Gogh ritornando da un bordello fu assalito da allucinazioni uditive e si mutilò tagliandosi l’orecchio.

Vincent descriveva le sue allucinazioni come diverse da quelle degli altri pazienti del ricovero di St. Remy: mentre questi udivano “voci nei corridoi”  egli soffriva di qualcosa più simile a quelli che oggi chiamiamo “acufeni”, ossia i cosiddetti “fischi nell’orecchio”. Molti altri soggetti “Menierici” si tagliarono un orecchio o se lo bucarono con vari oggetti nella speranza di mettere a tacere il disturbo intollerabile.

Un altro effetto tipico della sindrome di Meniére è la pressione auricolare dovuta al surplus di liquidi nell’orecchio interno. I ricercatori hanno trovato una descrizione molto plausibile dei sintomi causati da questo fenomeno nella “Lettera W11” scritta da Van Gogh a sua sorella: “Ho avuto la sensazione che la mia mente fosse una piscina torbida. Sono incapace di descrivere esattamente ciò che mi accade […] ci sono sensazioni di vuoto e fatica nella mia testa”.

Un elemento molto importante per diagnosticare la sindrome di Menière è la sensazione del paziente di percepire i suoni ad intensità intollerabilmente elevata quando, invece, il volume di questi risulterebbe a mala pena fastidioso per un ascoltatore sano. A questa sensazione di “iperacusia” si accompagna anche una perdita uditiva “fluttuante” il cui grado, cioè, varia da lieve a grave in maniera casuale durante l’attacco.

Van Gogh stesso elencò queste cause nella lettera a Gauguin per dare spiegazione dalla sua fuga da Parigi: il frastuono e il trambusto erano così insopportabili da indurlo a lasciare la capitale dopo appena tre giorni di permanenza.

I sintomi di Vincent Van Gogh

Riassumendo quanto emerso dalle lettere si ricava che Van Gogh soffriva di attacchi di vertigine ricorrenti accompagnati da nausea e disturbi visivo- uditivi che furono scambiati per allucinazioni. Tra un attacco e l’altro, nel pittore, si manifestava uno stato di intolleranza ai movimenti, vertigini posizionali (a seconda di come muoveva la testa) e scarsa sopportazione dei rumori. L’artista stesso scrive che i suoi sintomi dovrebbero far pensare alla malattia di Meniére, già conosciuta all’epoca, e non all’epilessia in cui non si riconosceva nei sintomi tipici. Quando decise di ricoverarsi alla clinica di St. Remy sperava di poter essere guarito dalle vertigini e dai disturbi sensoriali di vista e udito; tutti, invece, lo considerarono da subito epilettico o “pazzo”.

Naturalmente non ci si può basare solo su queste considerazioni per valutare il quadro patologico di un individuo vissuto negli ultimi decenni dell’ ‘800 ma è molto interessare pensare che una personalità decisiva come quella di Vincent Van Gogh potrebbe essere stata etichettata erroneamente per via di una patologia uditiva che anche oggi risulta lontana dalla sensibilità comune e causa isolamento e depressione in chi ne soffre.

 

Helen Keller e la sua lotta contro l’emarginazione

Nel 1880 nasce in Alabama una delle donne più prodigiose che la storia americana possa vantare.

Il suo nome, Helen Keller, è impresso a fuoco nella memoria statunitense per via del grande impegno politico, sociale e letterario che questa donna ha portato avanti nel corso della sua vita.

Fu sempre schierata al fianco dei più deboli: aderì alle lotte politiche del partito socialista americano contro lo sfruttamento della classe operaia e si impegnò senza tregua nella raccolta di fondi per le organizzazioni, da lei fondate, in favore dell’educazione dei bambini sordo- ciechi. Le armi usati da Helen per vincere le sue battaglie erano la spiccata intelligenza, la grande forza d’animo e le straordinarie abilità letterarie.

In virtù del peso sociale delle sue iniziative fu ricevuta da tutti i presidenti americani da Grover Cleveland a Lyndon B. Johnson. La sua brillante personalità le fece guadagnare amicizie importanti a livello scientifico e culturale come Alexander Graham Bell, Charlie Chaplin e Mark Twain.

Ancora oggi esistono molti premi e onorificenze a lei intitolati così come esiste una giornata all’anno in cui viene ricordata la sua vita. I Club Lions di 37 stati americani le dedicarono un parco nel 1971 in cui è ritratta in un busto di bronzo. Su tale bronzo è presente la frase “Sono la vostra opportunità!” con cui Helen convinse i Lions a finanziare i suoi progetti benefici e a diventare “i cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre”. Molti film sono stati girati per commemorare la vita di questa donna straordinaria.

“Molto brava! ” penserete voi “Ma tantissima gente è impegnata in lotte simili, come mai questa Keller è così importante?”.

 

La storia di Helen Keller 

 La storia che vi ho raccontato sembra quella di una qualsiasi attivista sociale solo perché ho sorvolato sul particolare più importante: Helen Keller soffrì all’età di diciannove mesi di una pesante infezione virale, probabilmente meningite, che la rese completamente sorda e cieca. Il vero miracolo della sua vita è quello di aver rotto il buio e il silenzio in cui viveva in modo che alla sua personalità dirompente fosse permesso di manifestarsi.

All’età di sei anni la piccola Helen fu affiancata da Anne Sullivan della scuola per non vedenti Perkins che le insegnò il linguaggio dei segni e il braille, mentre a dieci anni imparò a parlare grazie all’aiuto di Sarah Fuller dell'Istituto Horace Mann. In seguito Helen ebbe una brillante carriera universitaria e imparò a parlare e leggere in diverse lingue. L’incredibile storia fu raccontata da Helen stessa nel suo romanzo “The Miracle Worker” da cui fu anche tratto l’omonimo film di William Gibson.

 

Phil Collins  e il suo disturbo uditivo

Se pensiamo a un grande compositore dotato di eccezionali doti musicali ma affetto da sordità veniamo rimandati a leggende di altri tempi: certamente non immagineremmo mai che la storia si possa ripetere con qualcuna delle star dei nostri tempi!

A Londra nel 1951, nasce una delle figure più apprezzate del panorama musicale: Phil Collins.

Il successo riportato con la famossissima band “I Genesis”  e la straordinaria attività svolta come produttore, batterista, cantante, perfino come solista a partire dal 1981 hanno fatto sì che fosse praticamente impossibile non aver mai ascoltato qualcuno dei suoi pezzi più famosi.

Nel 2000 il cantante/batterista vincitore di sette Grammy Awards e di un oscar ha dichiarato di aver perso l’udito da un orecchio nel giro di qualche minuto durante un’incontro di lavoro.

La causa diagnosticata fu un’infezione virale e un’intervento tempestivo consentì all’artista di recuperare parzialmente il senso perduto. 

Nel 2003 il musicista inglese decise di rinunciare ai concerti a causa di un aggravamento del disturbo uditivo, e raccontò che per un'infezione virale « persi il 70% dell'udito all'orecchio sinistro. Continuo a incidere dischi, ma ho dovuto smettere di fare concerti». Oggi, all’alba dei sessanta anni,  Collins ha affermato che l'incidente gli ha fatto riconsiderare alcuni aspetti della vita e che ora trascorre maggior tempo con la propria famiglia. 

 

Pete Townshend e i concerti assordanti

Poco più lunga ma non meno interessante è la vita di un’altra grande stella della musica rock.

Pete Townshend, chitarrista, compositore e paroliere britannico, celeberrimo leader dello storico gruppo rock “The Who”. Apprezzato a lungo per essere uno dei più dotati ed eclettici performers della musica rock, Pete ha vissuto in pieno boom musicale britannico degli anni '60 e '70. In qualità di chitarrista e compositore del gruppo divenne il motore trainante di una delle espressioni più potenti, innovative e articolate della storia del rock. Famoso come il chitarrista più teatrale della sua generazione, al culmine degli spettacoli non risparmiava mai la rituale distruzione della chitarra. Scrittore ed anche editore, Pete per certi versi può addirittura essere considerato un pioniere  di Internet, un cui primitivo modello ("the Grid") era già profetizzato nella raccolta “Lifehouse”, progetto progenitore dei brani poi confluiti nell’album “Who's Next”. Attualmente, a causa della sua ipoacusia, indossa apparecchi acustici in entrambe le orecchie, senza che ciò abbia influito sulla qualità della sua musica e del suo genio. Nel 2002 il musicista riferì: “Mettersi di nuovo a suonare la chitarra elettrica, anche se in modo più tranquillo rispetto agli anni Settanta, ha condotto ad un ulteriore abbassamento del mio udito. Il mio orecchio destro, che si becca i colpi della batteria e della mia stessa chitarra, ne ha sofferto parecchio. Non so cosa fare. Dopo i concerti provo un tinnito insopportabile”.

 Ad oggi il geniale rocker è impegnato in campagne di sensibilizzazione sui problemi dell’udito

Abbiamo scoperto la storia dei personaggi famosi e i loro problemi di sordità! Ti interessa altro? Leggi il nostro blog!

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